Conserve di frutta

Ho poche piante, che poi a dirla tutta non sono nemmeno le mie, ma di mio nonno. Con loro ci conosciamo fin da quando ero piccola. Già adolescenti quando io sono nata, le ho viste crescere e ne ho visti irrobustire i tronchi. Alcune sono state sorprese da qualche gelata invernale, altre stroncate da malattie mal curate. Sì, le superstiti sono poche, ma di ciascuna ricordo la storia. Ricordo che qualche anno fa il susino aveva un ombrello spettacolare, quando con il dissenso di tutti i presenti venne potato, devo dire però che ritornò due anni dopo più bello di prima. Per non parlare del pero con cui mia madre a bordo di una punto rossa dai sedili zebrati fece un incidente che ci costò il fanalino. Naturalmente diede poi la colpa all’immobile pianta. Lo stesso pero che ogni anno esattamente nel giorno di San Giovanni porta a compimento la maturazione dei suoi frutti.
Croccanti e dai toni caldi, le mangiavo anche io, nonostante non fossi amante delle pere, perché piccole e divertenti. Il gelso è un altro albero da frutto a cui sono molto legata. Una volta l’altalena era appesa proprio lì. Poi è passata al melo ed infine al susino. Purtroppo del melo devo annunciarvi la dipartita. Soffocato forse dai pini di fianco o forse stanco delle mie visite altalenanti, ci ha lasciati ormai da diversi anni. Ma siamo andati avanti, come nelle migliori famiglie, con un albicocco, un pero, un susino, due amareni, un ciliegio, un gelso, un caco e un fico. (Sembra quasi la barzelletta dell’italiano, del francese e del tedesco.) Spesso dividere tutta quella frutta tra amici e parenti non bastava e finiva per andare a male ancora nei cesti.

E allora l’anno scorso, in cerca di un modo per esprimere al mondo la mia propensione per argomenti trattati all’aria aperta e l’odio profondo per lo spreco, ho pensato di farne confetture.

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