Quel giorno indossava una camicia alla zuava di sua madre, di quelle con lo scollo profondo a V e i fiori ricamati a mano. Ecco di quelle perfette per creare un’atmosfera senza tempo per un racconto romantico. Il suo racconto romantico inizia nella cantina di casa sua, palazzo di 5 piani degli anni Settanta che sì, di romantico non ha un granché. Frugava alla ricerca delle sue scarpette da scoglio che come ogni anno all’arrivo della stagione estiva erano sparite.
Armadi, cassetti e cassettini, non c’era luogo in cui non potessero essere. Per questo non aveva risparmiato nemmeno l’armadio dei vecchi vasetti di vetro in cui in passato conservavano la marmellata che i suoi nonni preparavano ogni anno. Cigolio della maniglia, anta traballante e, come sospettato, nessuna traccia delle scarpette da scoglio.
Vasetto vuoto, ragnatele, bottiglia da liquore impolverata, ragni. E toh, un vaso scuro. “Bello!”, pensò, “magari ci metto dei fiori!”.
Lo afferrò e subito si rese conto che era pesante, era pieno. Un bel respiro, soffio potente incurante della camicia bianca ed ecco comparire la scritta “Susine 2006”.
In quel momento riaffiorarono ricordi, sapori e fotografie.
Il fogone sotto la tettoia, il lavoro degno di una task force per denocciolare le susine, la scala che vagava per il frutteto e gli immancabili fazzoletti in testa, rigorosamente in pan dan con il grembiule.
“E pensare che negli ultimi anni lasciamo marcire quasi tutta la frutta sotto alle piante del frutteto senza che nessuno di noi la raccolga né la mangi.” Il gelso bianco, le albicocche, i fichi, le susine.
Un pensiero che già altre volte l’aveva sfiorata, ma che mai aveva davvero preso in considerazione. In effetti non aveva mai sopportato di buttare qualcosa da mangiare, in casa sua l’avevano fatto solo una volta quando una banana era caduta nel cassetto dei formaggi e se l’erano dimenticata di sotto per settimane. Insomma tornando al nostro discorso, questa riflessione che durava da molto tempo, complice una piccola spintarella nostalgica, l’aveva portata a fare una scelta importante.
Così decise di prendersi cura di tutta quella frutta caduta e iniziò a produrne marmellate, cercando di rendere partecipi anche amici e parenti. Alla fine dell’anno successivo arrivarono poi i risultati: avrebbe consentito alla sua famiglia di acquistare 52 vasetti di marmellata in meno e avrebbe recuperato ben 60 kg di frutta che altrimenti sarebbe marcita in terra.
Non avrebbe ricevuto il Nobel per questo, ma nel suo cuore qualcosa sarebbe cambiato.
Un commento